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82° ADUNATA NAZIONALE ALPINI

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Storia di un Corpo che riveste non solo un significato militare ma rappresenta anche un simbolo nella complessa storia del nostro Paese. Dagli inizi alla Grande Guerra.

Più di 100 anni di storia non si possono cancellare in un sol colpo. Nonostante le recenti polemiche che hanno messo a rischio l'esistenza stessa degli Alpini, sono in molti a credere che questa non potrà mai essere annientata con un colpo di spugna.

Per comprendere appieno il grande valore morale e umano degli Alpini è buona cosa ripercorrerne la storia, dagli inizi fino a i giorni nostri. Nel 1872 un Capitano dell'esercito Italiano appassionato di montagna, Giuseppe Perrucchetti, propone di affidare la difesa della cerchia alpina a truppe locali reclutate sui luoghi stessi. Nonostante l'iniziale scetticismo nell'autunno di quello stesso anno le prime 15 compagnie alpine vengono ufficialmente create tramite Regio decreto. I primi soldati si sottopongono ad addestramenti durissimi fatti di marce lunghe e faticose, che diventeranno in seguito uno dei tratti caratteristici dell'alpinità. Intanto il numero delle compagnie cresce rapidamente e nel giro di sei anni, siamo nel 1878, ci sono già 10 battaglioni. Ancora 4 anni e si arriva a 6 reggimenti, con 72 compagnie raggruppate in 20 battaglioni, in tutto 25.000 uomini: ormai gli Alpini sono una grande realtà italiana e l'appartenervi diventa un vero e proprio segno di orgoglio, un sentimento fatto di spirito di corpo, solidarietà, impegno, patriottismo. Il primo contatto con la guerra vera e propria per gli Alpini giunge nel 1896, quando il primo battaglione alpini d'Africa viene inviato in Eritrea, che a quel tempo era una colonia italiana. Fu purtroppo un'esperienza tragica e dolorosa, segnata da una pesante sconfitta e da gravissime perdite: le truppe abissine erano in numero troppo superiore ed ebbero la meglio, nonostante gli Alpini avessero combattuto con grande onore.

Ancora l'Africa fu il terreno di battaglia per un'altra guerra, quella italo turca del 1911-1912, e anche stavolta gli Alpini vennero mandati a combattere nelle caldissime distese africane, dove furono costretti ad adottare notevole spirito di adattamento, date le enormi differenze climatiche con i luoghi di provenienza. Nel 1914 scoppia la Prima Guerra Mondiale e l'Italia, dopo un anno di tentennamenti e di polemiche, si schiera contro l'Austria e la Germania. Nel maggio del 1915, 52 battaglioni Alpini sono già schierati a difesa delle Alpi su un fronte lungo 500 km. Inizia la drammatica epopea della Grande Guerra, scritta dagli Alpini con il sangue ed il coraggio, con la tenacia e la volontà di non cedere mai al nemico. Tra i ghiacci e le dure roccie, si scrissero pagine importanti della nostra storia, con le grandi battaglie rimaste nella leggenda: Monte Grappa, Pasubio, Tofane, Adamello. Quella del Monte Ortigara, passata alla storia con il significativo nome di Calvario degli Alpini, fu una delle più sanguinarie, con quasi 13.000 vittime! Durissimo fu l'inverno del 1917, il più freddo di tutti con il termometro che toccò in alcuni punti i 38 sotto zero!

Nacquero allora i più famosi canti Alpini, come il “Testamento del Capitano” e “Ta-pum”. Il tributo pagato alla Grande Guerra fu altissimo: perirono 650.000 Alpini e quasi un milione rimasero feriti.

Per la terza volta gli Alpini vengono spediti in Africa: 14.000 uomini fanno da apripista verso la conquista del paese africano nella campagna d'Etiopia e nel 1940, agli inizi del secondo coflitto mondiale, si registra l'ultima nostra vittoria in tera d'Africa. Il 10 giugno di quello stesso anno l'Italia entra in guerra a fianco della Germania nazista di Hitler e del Giappone: è l'inizio di una delle peggiori tragedie della storia dell'uomo, un conflitto su scala mondiale come mai era avvenuto prima di allora, in cui ogni arma era permessa pur di annientare il “nemico”, dalla semplice pallottola fino alla terribile bomba atomica.

 Mussolini decide di invadere la Grecia e l'Albania e gli Alpini furono spediti a combattere in un territorio assai diverso da quello che conoscevano. I greci difendevano con onore la loro Patria e i nostri furono costretti ad arretrare nell'impervio territorio albanese. Fu allora che le cose iniziarono a cambiare anche a livello psicologico: mentre nella Grande Guerra gli Alpini combattevano a difesa dei confini italiani contro l'invasore, adesso eravamo noi gli “invasori” ed era difficile condividere appieno questa scelta. Ma il vero dramma era alle porte. Nel 1942 le divisioni Julia, Cuneense e Tridentina furono mandate a combattere nella sciagurata campagna di Russia: 270 km di fronte lungo il Don, in condizioni climatiche terribili, con gli uomini allo stremo e costretti ad ogni sorta di privazione. Nell'inverno di quell'anno si consumò la disfatta: la

controffensiva sovietica colse impreparati i nostri alpini, che a differenza della fanteria avevano ricevuto in ritardo l'ordine di ritirarsi, nel gennaio del '43, quando ormai la situazione era compromessa. Accerchiati e in trappola, i nostri alpini affrontarono il peggiore dei nemici, l'essere soli nel terribile inverno russo, tra mille difficoltà di ogni tipo. Marce di centinaia di chilometri a piedi nella neve, gli amici e fratelli caduti per sfinimento o congelamento, altri fatti prigionieri e spediti nei campi di lavoro in Siberia: un'odissea magistralmente narrata dal medico e alpino vicentino Giulio Bedeschi nel suo bellissimo “Centomila gavette di ghiaccio”, divenuto in seguito un classico della letteratura di guerra. L'8 settembre del '43 l'Italia firma l'armistizio con le forze alleate, ma ancora una volta gli errori di strategia condannano i nostri soldati ad altre inutili perdite. L'esercito, abbandonato a sé stesso e senza collegamenti, subisce le rappresaglie dei tedeschi e l'Italia si spezza in due tronconi, il nord occupato dai nazisti e il sud dagli anglo-americani.

Gli Alpini combattono su vari fronti dalle Alpi al Centro Sud del paese. Alla fine della guerra il bilancio è tragico: 30.000 Alpini hanno perso la vita, senza contare le migliaia di altre vittime lasciate sul terreno di battaglia. Con il dopoguerra inizia anche la lenta ricostruzione delle associazioni. Nel 1948 sul mitico Ponte di Bassano del Grappa, divenuto la più famosa icona dell'alpinità, si celebra la prima adunata nazionale alpina del dopoguerra. Fu un incontro “storico” e indimenticabile tra i combattenti delle due guerre mondiali, i primi vincitori e i secondi sconfitti, ma tutti uniti dalla grande fratellanza alpina.

Da allora le mitiche “Penne Nere” sono diventate il simbolo dell'impegno civile, dalla ricostruzione del distrutto ponte ai tantissimi interventi di protezione civile e di soccorso. Sempre animati dal grande spirito di fratellanza e solidarietà, gli Alpini italiani hanno contribuito ai soccorsi nel disastro del Vajont, nei terremoti in Friuli e in Irpinia, nelle alluvioni in Valtellina e in Piemone, nel recente terremoto in Umbria e Marche, e in mille altri episodi piccoli o grandi, quando c'era bisogno di aiuto. La Solidarietà Alpina, che trova la sua applicazione nella Protezione Civile, è così divenuta il valore più grande di quanti ancora credono nell'altruismo, nel volontariato, nell'assistenza a chi ha bisogno di interventi morali e materiali.

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