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La storia di Borgo Sabotino

  

Borgo Sabotino nacque nel 1929 col nome di “Villaggio operaio a Passo Genovese” e con l'eti­chetta amministrativa di “Lotto N. 31” delle “Opere pubbliche per l'esecuzione della Bonifica dì Piscinara.

Il villaggio venne costruito, per concessione avu­ta dallo Stato, dal Consorzio della Bonifica di Piscinara, senza l’intervento di appaltatori, ma a mez­zo di un cantiere direttamente gestito, denominato “Cantiere di Foce Verde”, diretto dal Geometra Antonio Barberi, proveniente da Molinella (Bologna).

Il Can­tiere di Foce Verde era inquadrato nel 2* Reparto lavori del Consorzio di Bonifica, Reparto diretto dal Geom. Giovanni Bortolotti e comprendente, in quell'anno, anche i cantieri di Sessano, Doganella, Capograssa, Casal dei Pini, oltre gli impianti ed i servizi relativi.

Il Reparto Lavori prendeva ordini dalla Direzione del Consorzio (Roma) e precisa­mente dall’ing. Enrico Nasi.

La data precisa della effettiva fondazione del villaggio non risulta da alcun atto; il progetto di esso è compreso, quale allegato esecutivo, nel Pro­getto Generale della Bonifica redatto in data 29 aprile 1929 dall'ing. G. B. Pancini.

L'approva­zione, il finanziamento e la concessione delle opere relative sono provvedimenti contenuti nel Decreto Ministeriale 29 settembre 1929 che approvava l'intero Progetto Generale, ma la nascita vera e propria del villaggio, con il tracciato delle fondazioni e dei fabbricati non diede luogo a cerimonie di sorta e fu soltanto un fatto tecnico rientrante nell’ordinario svolgimento dei lavori.

 

La costruzione del villaggio operaio a Passo Ge­novese iniziò nei primi mesi dell'anno 1929, non appena l'asta di binario décauville con trazione a vapore, che partiva da Passo Barabino dall'anello ferroviario elettrificato, raggiunse la località di Passo Genovese, assicurando così il rifornimen­to dei materiali da costruzione occorrenti.

Questo Villaggio venne costruito come opera di bonifica, al fine di costituire una base di appoggio ai numerosi e importanti lavori che si dovevano effettuare nella zona, dei quali i più notevoli erano l'apertura del tronco inferiore del Canale Mussolini, che sul percorso della valle del vecchio Fosso Moscarello veniva portato a sfociare in mare presso la torre corsara di Foce Verde, nonché la sistemazione idraulica e la colmata dei pantani litoranei nel tronco tra la Foce Verde ed il lago di Fogliano.

Il fosso Moscarello, che scende dalle ultime pen­dici dei Colli Albani, giunto presso la Torre di Foce Verde, trovava la zona pantanosa re­trostante la duna marina; in quei pantani il Moscarello ha versato per secoli  le proprie ac­que e con esse anche le torbide e le fanghiglie in sospensione che rialzarono il fondo dei pantani.

In queste alluvioni il fosso si tracciò un proprio alveo a ridosso della duna sabbiosa e parallelo ad essa; le acque erosero in un certo punto la duna e si aprirono uno scarico diretto al mare: la “Foce Verde”.

Quando i Pionieri di Piscinara si affacciarono nei Pantani di Foce Verde nel 1926, il Moscarello sfociava in mare non certo con una foce sta­bile, poiché, data la spiaggia sottile, questa era soggetta a venir richiusa dalle sabbie sospinte dal mare ad ogni mareggiata, salvo riaprirsi spontaneamente, e non sempre nella stessa posizione, quando le acque di piena del Moscarello premevano da dietro la barra sabbiosa.

Nel tratto di alveo parallelo alla spiaggia era costruito un ponte in muratura di aspetto antico, segnato sulle vecchie carte col nome di Ponte dei Genovesi o anche di Passo Genovese.

Prima della bonifica, procedendo da Passo Barabino verso Passo Genovese, si trovavano terreni più alti lasciati a macchia, poi altri terreni più ­bassi lasciati a prato naturale; questi si stendevano fino ai canneti dei pantani, che per una larghezza media di oltre mezzo chilometro si allungavano parallelamente alla linea del litorale.

Nei terreni alti, dove cresceva la macchia, si incontravano di tanto in tanto, nei punti più elevati ed in radure appositamente predisposte, delle capanne formate da tavole grezze e frasche, ove abitavano i pecorai che, discesi nell'autunno inoltrato con i loro greggi dai paesi posti sui monti Ernici (Alatri, Trevi, Filettino ecc.), restavano nella la zona per il pascolo fino al mese di maggio.

Nello sgrondo della macchia verso l’ampia area entro la quale scorreva il Fosso Moscarello, vi e una località chiamata “Le Vergini” ove i pascoli risultavano più freschi e abbondanti; ivi le capanne erano più numerose e raggruppate così da costituire un villaggio primitivo. Nei mesi invernali e primaverili il Villaggio delle Vergini era popolatissimo, mentre nella stagione calda appariva del tutto deserto

Nella zona dei prati e dei pantani litoranei pascolavano numerose mandrie di bestiame bovino e greggi mentre nella parte più bassa e acquitrinosa si incontravano numerosi bufali.

L'allevamento dei bufali faceva capo principal­mente a tre vecchi casali in muratura che sorgevano appunto al centro della località chiamata Passo Genovese; erano stati costruiti da tempo dal Duca Onorato Caetani, come ricordava la lapide murata sulla porta di ingresso del fabbricato prin­cipale chiamato “procoio”.

Il procoio era una costruzione in muratura di tu­fo del tutto caratteristica, su pianta circolare, a  solo piano terreno; nel mezzo si ergeva un immenso focolare con sovrastante cappa, che girava intor­no al pilastro centrale di sostegno del tetto, il qua­le aveva la forma di un grande ombrello aperto. Su questo focolare veniva fatta la lavorazione del latte per ricavarne le mozzarelle, i formaggi, ecc.:

 

Negli anni 1929 e 1930 il villag­gio entrò gradualmente in funzione con tutti i suoi servizi ed alloggiamenti, ed il Cantiere di Foce Verde, che nel Villaggio aveva la base, poté completare gli importanti lavori stradali ed idraulici ad esso assegnati: tra questi ultimi, molto importante la costruzione, nei pressi della Tor­re di Foce Verde, dello sbocco a mare del grande Canale Mussolini (il Collettore delle Acque Alte) con il ponte per la strada diretta a Nettuno e la lunga botte in cemento armato per il preesistente Canale di Mastro Pietro, l’antico derivatore delle acque del Fiume Astura per l’alimentazione del lago di Fogliano).

In data lo novembre 1930 il Consorzio di Boni­fica presentò al Ministero una proposta per dare alla Chiesa di Passo Genovese, non ancora costrui­ta, ampiezza maggiore di quella prevista nel primo progetto; la proposta venne accettata ed il tempio poté così venir edificato con dimensioni sufficienti per accogliere due anni dopo i coloni sopraggiunti a seguito dell'intervento in Agro Pontino dell'Ope­ra Nazionale per i Combatenti.

 

Il cantiere lavori di Foce Verde esaurì i suoi compiti sul finire del 1931, ma non cessarono per­  questo motivo le funzioni del villaggio operaio nel quadro dei lavori di bonifica: nel villaggio venne ad insediarsi nel gennaio 1932 la direzione di un nuovo cantiere di lavoro, il “Cantiere di Passo Genovese “, al qua­le vennero affidati i lavori di sistemazione della zo­na.

I lavori, consistenti in canalizzazioni, dragaggi e col­mate, da effettuarsi in terreni posti talvolta sotto il livello del mare e sempre insidiosi e malarici, furono diretti dal Geometra Pietro Modenesi da Bologna, che dipendeva dal 3° Reparto lavori, diretto a sua volta dall’ing. Carlo Romagnoli, sempre agli or­dini del dott. ing. Enrico Nasi, Direttore tecnico del Consorzio di Piscinara.

Il grande numero di operai impiegati nella zona litoranea e l'alta morbilità della malaria indussero il cantiere di Passo Genovese a trasformare il sa­lone del Dopolavoro in Infermeria, seguendo le direttive del Prof. Giulio Alessandrini, al quale erano affidati i servizi antimalarici dell'Agro Pontino

 

I fabbricati del villaggio vennero disposti ai lati della costruenda strada di bonifica proveniente da Passo Barabino, strada che, come già detto, inve­stiva per tutta la lunghezza un vecchio tratturo rettilineo che permise di fare un solo rettifilo stra­dale lungo sette chilometri e mezzo da Passo Ba­rabino al costruendo villaggio.

I lavori di costruzione dei fabbricati vennero eseguiti direttamente dal Consorzio di Piscinara, interessando la mano d’opera con piccoli cottimi.

I criteri generali a cui fu ispirata la costruzione del villaggio ed i tipi dei fabbricati eseguiti, fu­rono analoghi a quelli dei villaggi precedentemente costruiti.

La direzione locale dei lavori di costruzione del villaggio venne tenuta dal geom. Antonio Bàrberi, il quale fu coadiuvato in un primo tempo dall'assistente edile Aurelio Ricci e dal contabile Amilcare Carnevali e in un secondo tempo dall'as­sistente Ambrogio Aleroni e dal contabile Adolfo Porcelli.

Il primo dispensiere che prese in consegna il fabbricato Dispensa e Dopolavoro è stato Serafino Toti di Cisterna; il primo medico che organizzò in luogo il servizio sanitario fu il dott. Marchetti, dell' Istituto Antimalarico Pontino.

Nell'autunno del 1930 la Scuola cominciò a funzionare in modo regolare e la prima maestra fu la si­gnorina Benericcetti di Brisighella (Faenza).

La Chiesa fu molto curata nelle rifiniture e nell'arredamento; notevole la sua bella cupola centrale. Il progetto fu elaborato dall’architetto Tirelli di Reggio Emilia, cui si devono anche i progetti delle chiese dei Villaggi di Dorganella, Ca­pograssa (Borgo S. Michele) e Casale dei Pini (Borgo Grappa).

La Chiesa fu consacrata il giorno 13 dicembre 1931 con l'intervento dell'Arcivescovo di Velletri e del Presidente del Consorzio ing. Natale Trampolini.

La cerimonia diede luogo ad un simpatico raduno di autorità locali e di appassionati Pionie­ri, che sentirono in quell'occasione di aver com­piuto un altro passo nell'aspro e lungo cammino della bonifica dell'Agro Pontino.

 

Il progetto del villaggio comprendeva, raggruppati nel cosiddetto “centro” e schierati ai due lati della strada di bonifica, i seguenti fabbricati:

 

‑ 1 fabbricato per assistenza sanitaria;

‑ 1 fabbricato per scuole e abitazione maestri;

‑ 1 fabbricato per Stazione Reali Carabinieri;

‑ 1 fabbricato per dispensa e forno;

- 1 fabbricato per guardiani idraulici;

‑ 1 Chiesa;

- 1 fabbricato per dirigenti lavori e in un secon­do tempo per Capi Azienda;

- 1 fabbricato per Dopolavoro operai.

 

In località più periferiche, il progetto compren­deva poi tre grandi fabbricati destinati a divenire centri colonici soltanto in un secondo tempo ma da utilizzare immediatamente come alloggiamenti per squadre di operai, oltre un fabbricato colonico per il Campo Sperimentale Agrario. Quest’ultimo e due fabbricati di alloggio erano allineati ai due lati della strada per Passo Barabino; l'altro fabbricato d'alloggio sorgeva lungo la strada litoranea in direzione della Villa di Fogliano.

Questi 4 grandi fabbricati compresero una casa di abitazione ed un grande vano per la futura stal­la. Annessi ad ogni fabbricato furono costruiti un lavatoio con fontanella e un ampio edificio rustico comprendente magazzino, tettoia, ripostiglio, forno, porcile, pollaio.

Il campo sperimentale Agrario comprese anche l'allevamento in stalla di vitelli di razza Reggiana.

 

Sul finire del 1932, con l’avvenuta costituzione del Comune di Littoria, la zona che fino ad allora era ricaduta nel territorio del Comune di Cisterna di Roma, venne compresa nel nuovo Comune e il Villaggio di Passo Ge­novese cambiò nome in quello di Borgo Sabotino.

Il nome di Passo Genovese era già da secoli nella località quando venne decisa la costruzione del villaggio, cui venne dato il vecchio nome, che echeggiava ricordi di traffici marittimi e di scambi dal mare verso l’entroterra paludoso ed impervio.

“Vuole la tradizione che i Genovesi fossero usi ad inviare navigli a Foce Verde per caricare legnami di essenza forte, occorrenti per la costruzione delle loro imbarcazioni, scaricando in cambio minerali metallici dell’Isola d’Elba che alimentavano le Ferriere di Conca”

Ricordi di sacrifici e di gloria, di lotte durissi­me e di fulgente vittoria affiorarono alla mente di operai e di contadini, di tecnici e di ingegneri al­lorquando il Villaggio di Passo Genovese, costruito dai Pionieri di Piscinara, assunse il nome di Borgo Sabotino.

Il Monte Sabotino, presso Gorizia, era stato tea­tro, al pari del Monte San Michele e del Monte Podgora, di asperrime battaglie, che ebbero il loro coronamento il 6 agosto 1916.

 

Quando nel 1929 il binario décauville raggiunse il villaggio di Passo Geno­vese non si arrestò, ma continuò ad allungarsi ver­so il mare, per poi piegare parallelamente ad esso all'altezza della foce del Moscarello. Uscendo dal comprensorio di bonifica di Piscinara, il binario entrò nel limitrofo territorio della Bonifica di Val­montorio, allora appartenente al comune di Net­tuno, nel quale il Consorzio N. 5 di bonifica dell’Agro Romano aveva iniziato la costruzione della strada Foce Verde‑Acciarella‑Nettuno. Per accor­di presi con quest'ultimo Consorzio di Bonifica, presieduto da Don Rodolfo Borghese, Principe di Nettuno, i treni “della Piscinara” rifornirono dal­la lontana cava di Monticchio i materiali occorrenti per la massicciata di questa strada.

Nel giugno 1934 il Consorzio N. 5 dell'Agro Ro­mano venne fuso dal Governo con il Consorzio del­la Bonifica di Piscinara per dar luogo al più grande Consorzio di Bonifica di Latina, che assunse perciò in gestione questa strada.

Nel 1935 l'Opera Nazionale per i Combattenti costruì la Strada Lungomare da Foce Verde al Cir­ceo e venne così realizzato un diretto collegamento stradale, prossimo al mare, da Nettuno al Circeo.

 

Nell'anno 1933 l'Opera Nazionale per i Com­battenti insediò nel Borgo l'Azienda Agraria Pon­tina del Sabotino, della quale pose a capo il dr. Angelo Ponzetti da Castelmassa (Rovigo).

In quel tempo prese corpo l'iniziativa di fare della spiaggia di Foce Verde il Lido di Littoria.

Poco a poco, anno per anno, gli impianti bal­neari di Foce Verde progredirono e si ampliarono, estendendosi lungo la strada Lungomare costruita dall'Opera Nazionale Combattenti. Ven­ne poi la guerra a devastare la zona e a trasformar­la in campo di battaglia.