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La Storia dell'Agro Pontino

LA BATTAGLIA DEL GRANO

 

Emanuele De Cillis

 

 

Conclusa nella Vittoria, con il raccolto dell’ultima campagna 1932-33, la «Battaglia del grano» venne proclamata l’anno 1925 in quella storica seduta notturna del 25 giugno, in cui Benito Mussolini annunziava alla Camera dei Deputati di assumerne Egli stesso il comando. Seduta storica, perché segna l’inizio di un nuovo indirizzo della politica agraria del Governo italiano, per la quale, con una particolare organizzazione, con mezzi perfettamente idonei e con un ritmo accelerato di lavoro, in pochi anni si è raggiunto un progresso considerevole che ha investito non solamente la coltivazione del grano, ma tutti i rami dell’agricoltura. Né poteva essere diversamente, poiché trovandosi il grano strettamente inquadrato fra tutte le altre colture ed in immediati rapporti con tutti i mezzi che incidono sulla produttività del suolo, ogni mezzo che ha servito ad intensificare la produzione di questa pianta è stato utilizzato anche dalle altre coltivazioni. Migliori sistemazioni del terreno, lavorazioni più accurate, concimazioni più adatte ed in più forti proporzioni, rotazioni perfezionate, hanno elevato la fertilità delle terre italiane a beneficio integrale dell’agricoltura.

Limitando la presente esposizione alla coltivazione del grano, i risultati della «Battaglia» possono essere, in sintesi, esposti da poche cifre:

Nel periodo antebellico, quinquennio 1910-14, la superficie media investita a grano in Italia fu di ha. 4.760.260; il prodotto medio di q.li 48.763.800 e quindi una produzione unitaria (per ha.) di q.li 10,24. Il deficit fra la produzione ed il fabbisogno nazionale viene misurato dalla media di q.li 14.893.350 che rappresenta la differenza fra importazione ed esportazione di grano.

Segue il periodo bellico, anche di cinque anni e cioè dal 1915 al 1919. Malgrado le condizioni eccezionali di disagio in cui cadde l’agricoltura, la superficie coltivata a grano diminuì molto poco: si ebbe la media di ha. 4.542.040 che portarono alla produzione media di q.li 45.729.800, con una resa unitaria di q.li 10,07. Anche durante questo duro periodo, la resistenza e lo sforzo compiuto dagli agricoltori italiani furono considerevoli, riuscendo a limitare solo in minima proporzione la diminuzione del prodotto. Per ragioni ovvie l’importazione crebbe abbastanza sensibilmente fino a q.li 19.265.388 in media.

Il periodo dell’immediato dopoguerra, che si può stabilire nei tre anni dal 1920 al 1922 e che si chiude con l’avvento del Fascismo, segna un lieve aumento nella superficie coltivata a grano, aumento solo apparente, perché le statistiche riguardano anche le nuove provincie annesse all’Italia: si hanno in media ha. 4.662.233 alle quali non corrisponde un aumento di prodotto: la produzione anzi è leggermente diminuita, riducendosi in media a q.li 44.957.000, quindi ad una resa unitaria sensibilmente più bassa di quella del periodo precedente e cioè di q.li 9,64 per ha. A tale peggioramento nelle condizioni della granicoltura italiana fa riscontro l’aumentata importazione media di q.li 25.616.063.

Può ora prendersi in considerazione il triennio successivo 1923-25 e cioè quello in Regime fascista precedente alla proclamazione della «Battaglia». Le cifre medie che qui si riportano dimostrano eloquentemente gli immediati effetti benefici del mutato clima politico dello Stato italiano:

Superficie media investita a grano ha. 4.655.600. Produzione media q.li 57.681.700; resa unitaria q.li 12,39. La importazione risente il beneficio che l’agricoltura ha ottenuto dalla tranquillità e dalla fiducia rinate nel paese, riducendosi in media a quintali 23.756.500.

La «Battaglia del grano» ha avuto la durata di otto anni. Possono presentarsi i dati statistici medi che caratterizzano questo periodo e fanno risaltare le differenze di fronte a quelli precedenti, sopra riportati:

Superficie coltivata ha. 4.908.996; produzione q.li 65.839.500; resa unitaria q.li 13,41; importazione q.li 16.795.637.

Può inoltre riuscire molto utile passare in rassegna, con analoghe cifre, le diverse fasi che, durante questo periodo di otto anni, ha attraversato la «Battaglia». A tale scopo possiamo suddividerlo in tre gruppi:

1a Fase. - Tre anni, e cioè dal 1926 al 1928: periodo di preparazione e di intensa propaganda:

Superficie coltivata ha. 4.614.333; produzione q.li 58.518.600; resa unitaria q.li 12,68; importazione q.li 23.990.206.

Di queste tre annate, due furono decisamente contrarie, per andamento stagionale, alla coltivazione del grano: ciò spiega come ad una accresciuta superficie coltivata corrisponde una diminuita resa per ha. e come il deficit fra produzione e consumo si sia mantenuto presso a poco uguale al periodo precedente.

2a fase. - Tre anni e cioè dal 1929 al 1931: periodo di effettivo rapido progresso:

Superficie coltivata ha. 4.800.000; produzione q.li 64.930.166; resa unitaria q.li 13,52; importazione q.li 17.279.203.

3a fase. - Gli ultimi due anni 1931-33: il ritmo si accelera e conduce alla vittoria:

Superficie coltivata ha. 5.008.529; produzione q.li 78.184.850; resa unitaria q.li 15,61; importazione 1932 q.li 10.556.870; 1933 (fino a tutto novembre) q.li 4.333.510.

L’esame di queste cifre porta ad una constatazione di rilevante importanza, rivela cioè una tendenza dell’agricoltore italiano ad accrescere la superficie destinata alla coltivazione del grano, malgrado che, fin dal principio, la parola d’ordine data dal Duce e trasmessa agli agricoltori attraverso tutti gli organi di propaganda, era stata quella di mantenere la superficie a grano nei limiti allora esistenti, poiché tale superficie era ed è anche troppo vasta di fronte alle terre coltivabili e quindi alle altre colture. Malgrado i progressi ottenuti nella coltivazione del grano, esistono ancora molte terre che per la loro natura restano poco adatte. Questa tendenza trova intanto la sua giustificazione nel fatto che da un lato nuove terre vengono redente alla coltura dalla colossale opera di bonifica intrapresa dal Regime e dall’altro dal sicuro e relativamente elevato utile economico che gli agricoltori, in grazia ai provvedimenti del Governo, hanno tratto dalla coltivazione del grano durante gli ultimi otto anni.

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Proclamata la «Battaglia» vennero immediatamente creati gli organi che dovevano condurla. Con il R. Decreto legge del 4 luglio 1925 veniva istituito il «Comitato permanente del grano», organo centrale, presieduto dal Capo del Governo e rappresentante, come Egli ebbe a dire, il Suo Stato maggiore. Da principio formato da nove persone, venne successivamente allargato nella sua costituzione ed oggi ha 19 membri.

Come organi di collegamento furono create, in ogni provincia, le «Commissioni per la propaganda granaria». Esse hanno la loro sede presso la locale Cattedra ambulante di agricoltura: il Direttore della Cattedra ne è il segretario e la Cattedra stessa l’organo esecutivo. Tali Commissioni sono formate da 12 a 20 persone.

Il collegamento fra le Commissioni e la massa degli agricoltori avviene di norma attraverso la Cattedra ambulante di agricoltura che si avvale dei suoi tecnici risiedenti al centro e di quelli dislocati nelle varie Sezioni. A renderne più agevole e più efficace il lavoro, furono sensibilmente elevati i mezzi a disposizione delle Cattedre: nelle provincie del Mezzogiorno, regione ove più era sentito il bisogno di un perfezionamento nella tecnica colturale del grano e quindi più intensa doveva essere esercitata la propaganda, furono create delle speciali «sezioni granarie» delle Cattedre stesse e disposte nelle località più adatte. Oltre ciò, le Commissioni vennero autorizzate a servirsi dell’opera dei tecnici agricoli risiedenti nei vari Comuni, ed a tale scopo furono presi i debiti accordi con il Sindacato nazionale dei Tecnici agricoli fascisti, che durante tutti gli anni della «Battaglia» ha fiancheggiato e cooperato all’opera del Governo in modo efficacissimo. L’esecuzione di alcuni provvedimenti del Governo venne appunto affidata a questa Istituzione, come avremo occasione di far osservare più avanti.

 

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Il programma di lavoro del Comitato permanente del grano venne tracciato dal Duce nella prima seduta del 4 luglio 1925 da Lui presieduta. Allora, e nelle sedute successive, furono studiati e proposti i primi fondamentali provvedimenti, che, insieme collegati, formarono un corpo organicamente costituito, che man mano andò ingrandendosi nella sua mole e perfezionandosi nei suoi particolari. Questi provvedimenti, che esamineremo man mano nel loro significato e nei loro effetti, possono essere distinti in tre gruppi, e cioè:

1° Quelli d’indole economica, diretti ad agevolare agli agricoltori l’acquisto dei mezzi di produzione ed a sostenere sul mercato i prezzi del prodotto.

2° Quelli diretti a diffondere fra gli agricoltori le buone norme di coltivazione, ad intensificarne il lavoro, a stimolarne l’emulazione.

3° Quelli diretti alla ricerca dei più idonei perfezionamenti tecnici da consigliare agli agricoltori.

Fra i provvedimenti d’indole economica, il primo, per ordine di tempo e per ordine di importanza, fu il dazio d’importazione sul grano e sui suoi derivati. Sospeso durante la guerra, tale dazio fu ripristinato nella misura di L. 7,50 oro per q.le con il R. Decreto legge del 24 luglio 1925. L’effetto di questo provvedimento fu immediato: il prezzo del grano che nel 1923 era stato di L. l05 al q.le (media per tutti i tipi, per tutti i mesi e per le varie regioni d’Italia) e di L. 139 nel 1924, risalì nel 1925 a L. 177 e venne a raggiungere un massimo di L. 197 nel 1926. Un sensibile ribasso si ebbe però nell’anno successivo. Stabilizzato intanto il valore della lira-carta verso la fine del 1927, bisognava fronteggiarne l’effetto nei riguardi del prezzo del grano, e per tale motivo con il R. Decreto legge del 12 settembre 1928 il dazio venne portato ad 11 lire oro. Ma poiché i prezzi sui mercati italiani hanno sempre risentito, per la necessità della importazione, della misura in cui veniva a quotarsi questa derrata nei paesi esportatori, negli anni successivi al 1926 essi andarono, salvo qualche oscillazione a diminuire sempre; così si ebbero: nel 1927 L. 132, nel 1928 L. 131, nel 1929 L. 138, nel 1930 L. 124, nel 1931 L. 113, nel 1932 L. 115 e finalmente nel 1933 L. 95. Per arginare tale forte tendenza al ribasso il dazio venne successivamente elevato e portato cioè a 14 lire oro il 24 maggio 1929, a L. 16,50 oro il 5 giugno 1930 ed infine a L.it. 75 l’11 agosto 1931.

Se non con l’efficacia della prima volta, pur tuttavia gli aumenti successivamente portati al dazio hanno certamente ben giocato e d’altra parte gli agricoltori hanno potuto resistere al crescente ribasso dei prezzi in grazia all’aumentata produzione unitaria che ha mantenuto l’utile in una misura rimunerativa. Intanto, di fronte alle crescenti manovre della speculazione, dimostrandosi insufficienti gli aumenti portati al dazio, fu nel 1931 adottato un altro provvedimento e cioè venne stabilito l’obbligo ai mugnai di macinare per ogni quintale una determinata percentuale di grano nazionale. La misura di questa percentuale pur mantenendosi sempre elevata, è variabile secondo i periodi dell’anno, secondo che si tratti di grani teneri o duri ed infine secondo le varie regioni del Regno, e viene stabilita, volta per volta, con Decreti del Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste. Speciali provvedimenti legislativi ed una assidua vigilanza sono stati impiegati per impedire la elusione di tali norme da parte degli interessati. Questo provvedimento, in pratica, si è dimostrato assai vantaggioso.

L’opera del Governo diretta a garantire all’agricoltore un prezzo rimuneratore del grano è stata integrata con altri mezzi ancora, vale a dire con speciali agevolazioni del credito garantito dal prodotto stesso e, più recentemente, dalla istituzione degli ammassi di grano. Difatti nello stesso mese di luglio 1925 veniva concesso agli agricoltori un contributo del 2,5 % sugli interessi dei mutui ottenuti per la costruzione di magazzini di deposito, e venivano messe a disposizione del credito agrario somme più cospicue, agevolata la procedura per i mutui e resi più modici gli interessi.

Gli ammassi di grano sono stati poi istituiti presso i Consorzi agrari, ai quali fu aperto un credito speciale, incaricandoli di dare ai produttori dei congrui anticipi, per procedere in seguito alle vendite nei periodi più favorevoli dei mercati. Va infine messa nel suo giusto rilievo la disposizione del Ministero della Guerra (1931) secondo la quale vennero acquistati nei primi mesi dopo il raccolto 500.000 quintali di grano nazionale.

Con tali provvedimenti l’agricoltore venne posto in grado di evitare la vendita forzata agli speculatori del grano in caso di bisogno, nel periodo immediatamente successivo al raccolto, che, come è noto, è caratterizzato dai più bassi prezzi, e di realizzare nello stesso tempo parte del valore della sua produzione.

 

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Garantito all’agricoltore un prezzo conveniente del grano, altre provvidenze vennero disposte per rendergli meno onerosi i mezzi necessari alla produzione. Ricordiamo per ordine di importanza:

1a La legge del 16 giugno 1927, con la quale venivano assegnati speciali contributi, in proporzione delle somme spese, per la esecuzione di alcuni miglioramenti agrari e particolarmente per i movimenti di terra necessari alla sistemazione del suolo, le affossature i dissodamenti, la costruzione e gli ampliamenti dei fabbricati rurali, comprese le stalle, le concimaie ed accessori e gli impianti per l’abbeveramento degli animali. Questo provvedimento si rivelò efficacissimo e parecchie migliaia di aziende se ne giovarono, migliorando la loro attrezzatura con beneficio immediato di tutte le coltivazioni e degli allevamenti.

2a Una serie di provvedimenti destinati a facilitare la buona lavorazione dei terreni e diminuirne il costo: così venne concessa la esenzione del dazio doganale e della tassa di vendita per il petrolio destinato ai motori agricoli; furono concessi mutui di favore per l’acquisto di macchine a vapore destinate all’aratura dei terreni e dei premi per la lavorazione eseguita con dette macchine; altri premi vennero pure assegnati ai Consorzi, ditte od Enti, che, forniti di un certo numero di trattori, procedessero alla motoaratura per conto proprio o di terzi in terreni scarsamente lavorati. Allo scopo poi di preparare conducenti esperti di motori agricoli ed in generale di tutte le macchine adoperate in agricoltura, vennero istituite in Sicilia, in Sardegna, nelle Puglie e nell’Emilia, sotto la direzione della Scuola di meccanica agraria di Roma, altre Scuole destinate a tenere speciali corsi pratici. Infine, per facilitare il dissodamento dei terreni vennero stabiliti due concorsi a premi, uno per la fabbricazione di adatti esplosivi e l’altro per macchine perforatrici destinate al collocamento di essi ed alla loro brillatura.

3a Agevolazioni analoghe per l’impiego delle altre macchine agricole. Così vennero messi a disposizione dei piccoli agricoltori aratri, erpici, frangizolle, assolcatori, sarchiatrici, piccole seminatrici, ecc., pel tramite delle Cattedre ambulanti di agricoltura; moltissimi vagli-svecciatori (in numero di 1600) furono affidati alle stesse Cattedre e dislocati nelle zone ove più era trascurato il loro impiego e messi a disposizione degli agricoltori per la selezione meccanica del proprio grano da semina. Infine venne nel 1926 bandito un concorso a premi per piccole seminatrici da collina, allo scopo di diffonderne l’impiego nelle zone ove, appunto per l’accidentalità e l’acclivio del suolo, esse sono poco adoperate.

4a Istituzione di sette stabilimenti per la selezione meccanica delle sementi, dislocati in Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglie, Basilicata, Lazio, Maremma toscana e speciali contributi a quegli altri stabilimenti che venissero a sorgere.

5a Distribuzione gratuita di rilevanti quantità di seme di foraggere, per promuovere l’impianto dei prati artificiali, oltre a moltissimi piccoli lotti di semente di grano di razze elette, che vennero dati a piccoli agricoltori, contro una uguale quantità di grano comune, in maniera da rendere meno oneroso l’impiego delle buone varietà di grano e farne apprezzare i pregi.

6a Azione incitatrice del Governo diretta ad ottenere la progressiva diminuzione del prezzo dei fertilizzanti, una equa diminuzione dei salari, la composizione equitativa delle vertenze per le affittanze agrarie ed infine, quale provvedimento diretto, la notevole riduzione delle tasse ed imposte di spettanza dello Stato e gravanti sull’agricoltura.

 

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Vasta, intensa ed efficace è stata l’opera di propaganda svolta dal Governo sia direttamente che attraverso i suoi organi, avanzando per numerose vie verso l’obbiettivo della intensificazione colturale del grano. Prima e più importante di ogni altra cosa è stata la parola del Duce, che in tante occasioni e particolarmente nelle premiazioni ai vincitori del Concorso nazionale per la Vittoria del grano, ha spronato e guidato gli agricoltori italiani, ne ha accesa la fede e ne ha stimolata la gara. Appartengono poi a questa opera multiforme le seguenti iniziative:

1a La propaganda orale (conferenze e lezioni), scritta (manifesti, fogli volanti, opuscoli) ed illustrata mediante proiezioni cinematografiche, svolta particolarmente dal personale delle Cattedre ambulanti di agricoltura in tutti i più piccoli e remoti punti delle rispettive circoscrizioni, e ripetuta nei periodi più opportuni delle successive annate agrarie, organizzando apposite adunate e giovandosi della efficace collaborazione dei Podestà, degli organi sindacali e dei tecnici agricoli locali. Anno per anno i programmi di tale propaganda furono compilati dalle singole Commissioni provinciali ed esaminati dal Comitato permanente del grano ed il Governo fornì i mezzi necessari per praticarla. Speciali pubblicazioni, aventi lo stesso scopo, furono preparate e diffuse dal Ministero di agricoltura, dal Comitato permanente del grano («Il decalogo del granicoltore») e dal Sindacato dei Tecnici fascisti dell’agricoltura. Tale forma di propaganda fu particolarmente intensificata nel 1926 mediante comizi tenuti nelle varie regioni dai membri del Comitato permanente del grano. Tutto questo lavoro venne poi completato, promuovendo gite collettive di agricoltori presso istituti sperimentali e presso aziende agricole private bene organizzate e prove pubbliche di macchine ed attrezzi rurali.

2a La istituzione di numerosi campi dimostrativi. Anche questo lavoro venne affidato alle Cattedre ambulanti di agricoltura. I campi furono impiantati nelle località più opportune delle singole provincie e cioè presso volonterosi proprietari ed ubicati in maniera che potessero facilmente essere osservati dagli agricoltori delle zone. Fu assegnato ad ognuno di essi la estensione media di un ettaro e vennero organizzati in maniera da dimostrare innanzi tutto la efficacia di razionali successioni di colture e poi gli effetti di particolari perfezionamenti tecnici poco estesi nella località, come ad esempio la buona sistemazione dei terreni, la semina a linee, l’impiego razionale dei concimi, l’uso delle razze elette e simili. A visitarli venivano successivamente condotti gruppi di agricoltori della regione. Ai proprietari di detti campi furono concesse speciali agevolazioni, come sementi, concimi e prestiti di macchine ed attrezzi rurali.

Altri campi vennero ugualmente affidati alle Cattedre per lo studio dell’adattamento alle condizioni fisiche ambientali delle razze elette di grano, allo scopo di conoscere quali, fra tutte quelle presumibilmente convenienti, mostrassero alla resa una capacità produttiva maggiore e sopratutto una resistenza più forte alle cause nemiche.

3a La istituzione di numerosissimi brevi corsi pratici ai contadini, affidati pure alle Cattedre ambulanti di agricoltura, il cui personale ebbe anche a svolgere altri corsi di lezioni ai soldati.

4a La istituzione di numerosi Concorsi a premio. Essi furono banditi in tutte le provincie e successivamente per i vari anni, dalle Commissioni provinciali granarie ed ebbero vari obiettivi, tutti ispirati però alla opportunità di diffondere l’uso di speciali mezzi tecnici, sconosciuti o poco diffusi nei vari luoghi.

5a Particolari mostre provinciali del grano furono promosse spesso dalle stesse Commissioni, e servirono eccellentemente per stimolare l’emulazione fra i granicoltori.

6a A parte tali mostre locali, due grandi mostre nazionali del grano vennero organizzate a Roma nel 1927 e nel 1932: quest’ultima abbinata ad una grande mostra delle bonifiche. Solennemente inaugurate dal Duce, esse furono visitate da parecchie migliaia di agricoltori di tutte le parti d’Italia, spesso organizzati in gruppi e numerosissimi furono anche i visitatori stranieri. Esse servirono a dimostrare con somma evidenza quali giganteschi sforzi fossero stati fatti dagli agricoltori per pervenire alla vittoria e quali i risultati raggiunti nelle successive tappe.

7a Un’«autocolonna» del grano fu organizzata dal Sindacato dei Tecnici agricoli fascisti nel 1930. Essa fu composta di otto autoveicoli, oltre due per i servizi accessori; ognuno di essi era dedicato ad uno speciale ramo dell’agricoltura e conteneva un ricco materiale di semi, concimi, anticrittogamici, attrezzi e prodotti, oltre numerosi modelli, grafici, fotografie, figure illustrative, ecc.

L’autocolonna percorse tutte le regioni italiane, comprese le isole, compiendo oltre 7.000 km. di via e fermandosi in tutti i centri ove più efficace poteva riuscire questa forma di propaganda ed ove i tecnici locali delle Cattedre, adunati gli agricoltori della zona, illustravano, con speciali conferenze, il materiale della mostra.

 

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Merita una particolare illustrazione, per la sua importanza e per i risultati raggiunti, il «Concorso nazionale per la Vittoria del grano». Ideato dal compianto Arnaldo Mussolini insieme al Prof. Mario Ferraguti nel 1923, venne nel 1925 organizzato dal Comitato permanente del grano sotto le direttive del Duce e bandito, anno per anno, dal Duce stesso.

Le modalità di detto Concorso andarono man mano modificandosi e perfezionandosi, finché venne distinto in due gare, una provinciale, alla quale potevano prender parte tutti gli agricoltori, ed una nazionale, nella quale erano posti in gara i primi premiati di ogni provincia, rispettivamente conduttori di grandi, di medie e di piccole aziende. Premi cospicui furono assegnati per detto Concorso: nel 1925 essi raggiunsero complessivamente la somma di L. 1.500.000, che salì a L. 1.700.000 nel 1928 e a L. 2.300.000 nel 1930.

Grandissimo fu l’interesse destato da questo Concorso nella massa degli agricoltori e che andò crescendo man mano che se ne rendevano più evidenti i magnifici risultati. Ma, a parte questo, vi influì fortemente la solennità delle cerimonie annuali della premiazione dei vincitori, che, per le gare provinciali, veniva celebrata in un teatro del capoluogo alla presenza delle maggiori autorità cittadine, e per la gara nazionale in presenza del Duce, che personalmente distribuiva i premi ai maggiori vincitori. In tal modo, gli agricoltori concorrenti che, nel primo concorso (1923-24), raggiunsero la cifra di 1.054, erano saliti a 6.020 nel 1925-26, primo anno della «Battaglia», a 15 mila nel 1929-30 e nell’ultima campagna a 18,260. Gli sforzi compiuti dagli agricoltori concorrenti possono essere misurati dalle massime rese unitarie (le così dette «punte») raggiunte anno per anno: così, mentre la massima produzione registrata nel primo concorso fu di q.li 41,30 per ha., essa andò man mano salendo negli anni successivi nella seguente misura: 2° concorso: q.li 46,25; 3°: q.li 48,80; 4°: q.li 46,08; 5°: q.li 58,09; 6°: q.li 62,81; 7°: quintali 64,47; 8°: q.li 62,28; 9°: q.li 70,94; 10°: q.li 82,24.

 

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A fiancheggiare il Concorso nazionale per la vittoria del grano venne nel 1929 bandito il «Concorso nazionale per l’incremento del patrimonio zootecnico». La ragione di esso è facilmente concepibile, se si pensi agli stretti rapporti esistenti fra il bestiame, produttore di lavoro e sopratutto fertilizzatore diretto (con il letame) ed indiretto (per le coltivazioni foraggere che devono dargli l’alimento) del terreno agrario e la coltivazione del grano che se ne giova e se si pensi all’apporto di reddito che esso può dare. A questa considerazione d’indole generale bisogna aggiungere la necessità, verificatasi in Italia, di stimolare con ogni mezzo l’incremento degli allevamenti, assai depresso in seguito alle peggiorate condizioni economiche generali.

Il Concorso zootecnico venne organizzato con le stesse modalità di quello per il grano, differendone solo per la durata, annuale per il grano e di tre anni per il bestiame, oltre ad alcuni particolari riguardanti la raccolta e la valutazione degli elementi di giudizio. Questo concorso trovasi ancora in una fase di svolgimento.

 

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Il terzo gruppo di provvedimenti a favore della «Battaglia del grano» comprende, come già si è esposto in principio, tutte le disposizioni rivolte all’incremento della sperimentazione cerealicola. Si fa rilevare che per detto lavoro, oltre i provvedimenti finanziari d’indole generale a favore degli Istituti di sperimentazione e rivolti a dar loro mezzi più cospicui di materiale e di personale, fu erogata, anno per anno, la somma di L. 4.000.000 destinata esclusivamente alla sperimentazione cerealicola. Questa somma venne ripartita dal Ministero della Agricoltura e delle Foreste in base alle proposte del Comitato permanente del grano, che annualmente ne formulò i programmi e servì da un lato a finanziare le ricerche affidate alle Stazioni sperimentali ed agli Istituti superiori agrari esistenti e dall’altro all’impianto di nuove istituzioni, come la Stazione sperimentale di granicoltura «Benito Mussolini» per la Sicilia, con sede a Catania, ed i Campi sperimentali di Cerignola in provincia di Foggia, in numero di due, uno destinato alle prove di lavorazione e l’altro a quelle di concimazione in clima caldo-arido, quello di Benevento per la sistemazione dei terreni e degli scoli in territorio collinoso e quello di Rionero (Potenza) per la concimazione in territorio subumido. Questi ultimi quattro campi vennero affidati rispettivamente ai Laboratori di Coltivazioni e di Chimica agraria del R. Istituto superiore agrario di Portici.*

 

 

*Conferenza tenuta in occasione del XVI congresso internazionale di Agricoltura di Budapest, 1934

 

 

BIOGRAFIA:

Emanuele de Cillis, nato a Caserta il 31/05/1866. Laureato in scienze agrarie nel 1887 presso la Scuola superiore di scienze agrarie di Portici. 

Docente universitario, professore ordinario di Coltivazioni all'Istituto superiore agrario di Portici (1909-1936),  direttore dell'Istituto superiore agrario di Portici (1930-1935), preside della Facoltà di agraria dell'Università di Napoli (1935), professore emerito dell'Università di Napoli (1936).  Presidente di sezione del Consiglio nazionale delle ricerche. 

Morto a Portici il 19/03/1952.